Le epoche del passato profondo sono eterno presente nei disegni raccolti al secondo piano del Museo del mare di Marceddì. Nei colori e nelle linee essenziali dei bambini convivono i popoli neolitici e fenicio-punici, la “Neapolis” diventata romana nelle parole di Plinio il Vecchio e Tolomeo, il temibile pirata Dargut, la torre spagnola che quasi tocca la laguna, i pescatori ritti sui fassonis, gli uccelli e i pesci immersi nella vegetazione dello stagno di S. Giovanni. L’immaginazione ha forse trovato l’unica sintesi possibile per un angolo del Golfo di Oristano così ricco di storia e natura mediterranee. Al primo piano è la fotografia a dare corpo alla memoria più recente. Scatto dopo scatto si compone il Novecento dei pescatori, la vita ordinaria e i giorni di festa, la collettività del lavoro. Protetti dalle bacheche gli antichi utensili: “sa busa” per la raccolta dei cannolicchi, “sa sassua” utilizzata per svuotare lo scafo, “sa fruscia”, la fiocina per la pesca notturna.
Nell’ultimo secolo tuttavia la delicata armonia fra uomo e ambiente è stata messa in pericolo. Le zone umide dell’oristanese sarebbero fra le prime porzioni di territorio a scomparire a causa dell’innalzamento del livello del mare, uno degli effetti più preoccupanti del mutamento climatico. Negli ultimi cinquanta anni inquinamento e interventi nella gestione delle risorse idriche hanno alterato gli equilibri ecosistemici. “Per decenni è mancata una gestione integrata delle zone umide. Gli interventi occasionali hanno creato molti danni all’ambiente e all’economia locali” spiega Simone Puddu, assessore all’Ambiente del Comune di Terralba, da cui Marceddì e San Giovanni dipendono. “Dobbiamo innanzi tutto ripristinare e difendere il sistema ecologico. Solo così potremo procedere a uno sviluppo economico sostenibile del grande patrimonio ambientale nel quale viviamo”, aggiunge.
“In passato i tentativi di condizionare il flusso delle acque, in particolare del Rio Mogoro, hanno determinato processi di sedimentazione che hanno modificato la struttura originaria del compendio di S. Giovanni e Marceddì. Le ripercussioni sull’equilibrio idrogeologico e la fauna del territorio sono state importanti”, racconta Giorgio Masaro, biologo di MEDSEA impegnato nel progetto Maristanis. La peschiera di San Giovanni è completamente interrata, e là dove il Rio Mogoro sfocia nello stagno le attività di pesca sono assenti, segno che la fauna ittica è scomparsa.
Con il supporto del team di esperti MEDSEA, che ha fornito assistenza tecnica nella stesura del progetto necessario alla richiesta di finanziamenti, il comune di Terralba ha ottenuto dai fondi POR FESR della Regione Sardegna 1 milione di euro grazie al quale verranno eseguiti i primi interventi necessari al contenimento del processo di modifica delle strutture: “Partiremo con rilievi della profondità. Sulla base di questi realizzeremo delle aperture negli sbarramenti attuali. Nel ponte di Marceddì verranno eliminate delle paratoie là dove si è accertata la presenza dei canali che permetteranno lo scambio naturale di acqua dolce e salata. Allo stesso modo, in prossimità della foce del Rio Mogoro, saranno ripristinate delle aperture” spiega l’ing. Claudia Cenghialta, dell’ufficio tecnico di Terralba. Ma non solo. I fondi serviranno anche a riportare alle condizioni naturali le parti terminali di alcuni canali (in particolare il Canale Manca) che sfociano nello stagno di San Giovanni, e a procedere al censimento delle specie che abitano lo stagno al fine di verificarne lo stato di conservazione. In prossimità dello sbarramento del Rio Mogoro l’amministrazione identificherà dei siti che possano aiutare la nidificazione degli uccelli. Inoltre, verranno create delle fasce tampone attraverso la piantumazione di piante autoctone.
Le operazioni di ripristino ambientale e di potenziamento degli aspetti economico-culturali, che Maristanis segue e sostiene in tutti i comuni toccati dalle zone umide, interessano a Terralba anche lo splendido borgo dei pescatori. Il piccolo villaggio affacciato sulla laguna di Marceddì è incluso fra gli otto selezionati dalla Regione Sardegna per il concorso “Costeras”, che ha visto partecipare progetti di riqualificazione da tutta Europa. Il piano vincitore, in cerca ora di finanziamenti, concepisce l’area come comunione di presenza umana, lavoro e sviluppo. Fitodepuratori e vasche di desalinizzazione ristabiliranno l’equilibrio di acqua e terra, rendendo il paesaggio fruibile per forme sostenibili di turismo. Anche la vasta pineta verrà riqualificata. Un modello per l’Europa e il Mediterraneo, che sposa lo sviluppo mentre prepara una risposta alla minaccia incombente dell’innalzamento del livello del mare.
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