“Il cambiamento è stato graduale, stavamo da poco introducendo le buone pratiche quando siamo stati contattati dalla Fondazione MEDSEA. Abbiamo colto la palla al balzo. Il risultato è stato stupefacente, sia per la partecipazione entusiasta dei nostri clienti che per il volume di plastica risparmiato. Riempivamo due grandi bidoni ogni giorno. Durante l’estate sono rimasti vuoti”, racconta Mauro Marongiu. La bella stagione è lontana. Sulle ampie vetrate del Twist batte incessante la pioggia. Dove la spiaggia declina la mareggiata ha creato un piccolo lago che si arresta sulla passerella di accesso. Il lungomare Poetto è deserto se non per il lento, raro passaggio dei bus. “Tutto lo staff ha partecipato quotidianamente alla diffusione della nuova filosofia”, aggiunge il proprietario dello storico chiosco cagliaritano.
“#Barforthesea” nasce a giugno grazie a una iniziativa della fondazione MEDSEA e di “Parley for the Oceans”, organizzazione ambientale statunitense che si batte per la tutela degli ecosistemi marini. Firmando un memorandum, alcuni fra i proprietari delle attività di ristorazione che scandiscono il lungo arco del litorale si sono impegnati a ridurre, con il supporto degli esperti MEDSEA, l’utilizzo della plastica dai loro esercizi, avanguardie delle attività umane sulla costa e potenzialmente fra i migliori alleati dell’ambiente marino. I chioschi sono diventati così non solo modelli di un processo produttivo attento alle esigenze ambientali, ma luoghi di diffusione per un nuovo modo di vivere il rapporto con il mare in uno degli scenari più belli di tutto il Mediterraneo. Nel mese di giugno MEDSEA e Parley hanno inaugurato il progetto con “Puliamo la Sella”, una giornata in cui molte associazioni e almeno duecento volontari hanno lavorato assieme per liberare dalla plastica il promontorio con cui ha inizio il litorale. Sono otto ad oggi i chioschi coinvolti in #Bar for the sea. Un pannello sulla via d’accesso ne attesta l’affiliazione.
I dati che emergono dal bimestre luglio-agosto sono importanti. Spiega Vanessa Melas, economista ambientale di MEDSEA: “Il risparmio colpisce anche quando si prenda in esame una sola attività. Le Palmette, per esempio, può vantarsi di aver evitato l’utilizzo di 700 kg di plastica. Ma è il dato complessivo a restituire un’immagine dei risultati ottenuti. Considerati in media 1570 coperti giornalieri per le otto attività, il mancato impiego di plastica è quantificabile in oltre 3 tonnellate, o in 91mila metri cubi. Considerando che la grande isola di plastica del Pacifico ha raggiunto una densità vicine ai 100 kg di plastica per km2, i nostri 3,659.00 kg equivalgono a 36 km2. Potremmo dire che abbiamo evitato la ‘formazione’ di un’area avente la stessa superficie di due isole sarde, la Maddalena e di Caprera, o di 3500 campi da calcio”.
“Il tema della plastica ormai ha una dimensione globale, e già avevamo cominciato ad interrogarci sul modo più opportuno di unirci al sentimento generale. Ma le indicazioni più schiette venivano dai turisti stranieri, molto attenti al problema. Storcevano il naso, a volte si lamentavano”, spiega Alessandro Cogoni, proprietario dell’Otium, de L’Aurora e della Sella del Diavolo. Qui la plastica per i prodotti da asporto è stata sostituita dal cartone, dal legno per le palette di caffè e gelati o, nel caso dei cocktail, dal PLA biodegradabile. Le bustine contenenti olio e aceto rimangono, anche se i clienti vengono invitati a condire le loro pietanze al banco. Nel servizio al tavolo la plastica è stata interamente eliminata. “Mai avuto un problema con i clienti- afferma Cogoni-, ora vogliamo proporre l’acqua alla spina nelle borracce. Stiamo pensando alla formula più adatta, credo funzionerà”.
“Inizialmente ho notato un po’ di perplessità nei clienti- racconta invece Michele Marci, proprietario del Miraggio-, soprattutto per l’acqua venduta nel tetrapack o in lattina. Ma avevamo già avviato in autonomia pratiche di contenimento dell’uso della plastica, e in breve tempo queste sono state assimilate e apprezzate. Siamo parte di un fenomeno globale, e dobbiamo fare di tutto per ridurre l’utilizzo della plastica al minimo, dobbiamo essere di esempio”.
L’Oasi Cafè può considerarsi un veterano nella lotta all’eliminazione della plastica: “Abbiamo cominciato due anni fa- racconta il proprietario, Luciano Spiga-, e prima del matrimonio spontaneo con la Fondazione MEDSEA restavano solo bottiglie e cannucce, oggi sostituite con il PLA. Rimangono solo le bustine di salse, zucchero e grissini, obbligatorie per legge. Fatto 100 il vecchio consumo, il 70% è stato rimpiazzato dai vuoti a rendere, il rimanente 30% dalle lattine”. La risposta dei clienti è stata inattesa: i giovanissimi frequentano l’Oasi anche per bere l’acqua in lattina. I turisti sono lieti di trovare tanta attenzione per l’ambiente, e i cagliaritani, una volta spiegato loro il nuovo approccio, si adattano volentieri. “Non abbiamo registrato costi aggiuntivi, il materiale si è semplicemente trasformato”, afferma Spiga.
“Se esistono spese aggiuntive vengono compensate con l’immagine, con la sensazione di fare qualcosa di buono per la comunità”, afferma Antonio Congera del Capolinea, che incontriamo nel primo mattino di sole seguito ai lunghi giorni di maltempo, che così tanti danni hanno causato a molte città in Italia e nel Mediterraneo. Una scuola di Cagliari, coinvolta da una associazione ambientalista bolognese, ha scelto il suo chiosco come base per un clean-up. Cinquanta scolari hanno raccolto due grandi buste di rifiuti sparsi sull’arenile, utilizzandoli poi per la creazione di piccolo oggetti d’arte. “Fra giugno e settembre abbiamo ridotto l’utilizzo di plastiche del 70%, abbiamo regalato borracce e attivato la vendita dell’acqua alla spina”, spiega Congera, che conclude: “Ciò che io e i miei colleghi abbiamo iniziato con #Barforthesea è molto importante. Dobbiamo guardare oltre, impegnarci, migliorare a tutti i costi. Lo dobbiamo ai nostri figli”.
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