Sarà perché la Conferenza delle Parti, organizzata dalla Convenzione di Ramsar (COP13) ogni tre anni, è un parterre che allarga gli orizzonti.
Sarà perché a Dubai, sede della tredicesima edizione, sono presenti i rappresentanti dei 170 governi che hanno siglato la Convenzione sulle zone umide e tutte le principali organizzazioni e istituzioni di ricerca e ambientali.
Sta di fatto che la presenza della Fondazione MEDSEA negli Emirati Arabi è un tassello importante nella crescita della rete di tutela e valorizzazione delle wetlands anche in Sardegna.
Al vertice di Dubai MEDSEA porta il modello sviluppato nel Golfo di Oristano con il progetto di cooperazione internazionale Maristanis, cofinanziato da MAVA e finalizzato alla definizione di un modello di gestione integrata delle zone umide e costiere del territorio.
Il progetto, realizzato in collaborazione con l'Area Marina Protetta "Penisola del Sinis - Isola di Mal di Ventre e con Flag Pescando, vanta numeri importanti: 12 amministrazioni comunali coinvolte (San Vero Milis, Riola Sardo, Nurachi, Cabras, Oristano, Santa Giusta, Palmas Arborea, Arborea, Terralba, Guspini, Arbus e Cuglieri) per circa 10.206 ettari, quasi 25mila ettari di mare, interessate dalla presenza di 6 siti Ramsar, 10 Siti di Interesse Comunitario (SIC) e 7 Zone di Protezione Speciale (ZPS), aree inserite nella Rete Natura 2000, il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità.
Alessio Satta, presidente di MEDSEA, guida la delegazione della Fondazione negli Emirati Arabi, dal 20 al 29 ottobre 2018: dieci giorni di dibattiti e sessioni tecniche sul tema “Le zone umide per un futuro urbano sostenibile”.
Cosa porta MEDSEA a Dubai?
“Portiamo la nostra esperienza di sviluppo sostenibile, che sarà messa a confronto con quella di altri Paesi: Ghar el Melah in Tunisia, Ulcinj Salina in Montenegro, Buna in Albania. Maristanis è ufficialmente iniziato nel settembre del 2017. Il primo obiettivo di Maristanis è stato quello di consolidare il team di lavoro e conquistare il consenso di stakeholders e soggetti interessati al progetto su strategia e risultati prefissati. Abbiamo poi lavorato per garantire linee di finanziamento, che garantissero la continuità necessaria al raggiungimento degli obiettivi. E, soprattutto, abbiamo cominciato a dialogare col territori per conoscere, attraverso i suoi operatori, potenzialità ma anche vulnerabilità”.
In che modo avete portato avanti il dialogo con i territori?
“Abbiamo sentito i principali portatori di interesse. Almeno 100 pescatori sono stati intervistati tramite questionari e, in un workshop molto partecipato, si è lavorato alla definizione di una mappa degli ecosistemi marini più vulnerabili. Il processo è continuato in tutti i principali settori economici del territorio (agricoltura, turismo, acquacoltura) e ha coinvolto soggetti privati e pubblici. Dal confronto sono state evidenziate le principali istanze su cui i nostri tecnici hanno operato per elaborare un modello di gestione sostenibile delle zone umide. Il dialogo non si è mai interrotto: eventi di divulgazione e animazione territoriale hanno scandito il primo anno di attività di Maristanis”.
Quali azioni di tutela ambientale state portando avanti?
“Gli obiettivi da raggiungere sono diversi: tra gli altri, il ripristino delle condizioni idrauliche ottimali delle aree umide Ramsar, la tutela degli habitat marino-costieri, che includono i sistemi dunali, e delle praterie di Posidonia, sistemi fondamentali per rinforzare la naturale resilienza della costa ai cambiamenti climatici”,
La tutela del territorio confligge con la sua valorizzazione economica?
“Certo che no. Sul fronte delle attività economiche, il progetto prevede di privilegiare metodi di pesca artigianali e tradizionali e di promuovere una migliore gestione delle risorse naturali delle zone umide, anche in funzione della creazione di nuove opportunità economiche nel settore della pesca, dell’aquacultura, dell’agricoltura e dell’ecoturismo. Un'altra finalità del progetto Maristanis è infine legata alla tutela e conservazione del patrimonio storico-architettonico delle zone umide, oltre alla messa in valore dei paesaggi culturali di elevato valore ecologico”.
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