Nel gennaio del 2014 l’immenso schermo di piazza Tiananmen a Pechino, solitamente utilizzato per diffondere la propaganda di regime a turisti e cittadini, esibiva tramonti infuocati e tersi cieli azzurri puntellati dalle creste dei monti. Il lungo nastro luminoso s’incastonava, incongruo e inquietante, nella densa atmosfera avvelenata, una coltre cinerea capace di divorare le figure di uomini e cose. In quei giorni l’Organizzazione Mondiale della Sanità ammoniva il governo cinese con i dati sull’inquinamento, numeri venti volte superiori alla soglia raccomandata.