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I Cetacei residenti del Santuario Pelagos

I cetacei sono stati considerati un gruppo sistematico diverso dagli altri organismi marini già a partire da Aristotele, che introdusse il termine κῆτος (kētos), con il significato di “mostro marino”, per identificare gli animali acquatici in grado di respirare attraverso i polmoni.

Con l’iniziativa Impelaghiamoci*, al 25mo anno dell’anniversario del Santuario Pelagos, ti invitiamo a conoscere meglio i Cetacei residenti nelle nostre acque e, più in generale, i mammiferi marini presenti nel nostro Mar Mediterraneo.


I Cetacei viventi sono divisi in due sottordini:

  • i Mysticeti, “Cetacei con i baffi” (dal greco mystax/mystakòs, ossia baffi), dotati di fanoni, strutture di cheratina ubicate nella mascella superiore che agiscono da setaccio, permettendo di filtrare il plancton dall'acqua.
  • gli Odontoceti, “cetacei con i denti” (dal greco odous/odontòs che significa dente), che si nutrono principalmente di pesci e/o calamari e si caratterizzano per avere un'abilità eccezionale nel percepire l'ambiente circostante mediante la ecolocalizzazione.

Cetacei regolarmente presenti nel Mediterraneo e nel Santuario Pelagos 

Nel Mar Mediterraneo si possono individuare 21 specie di cetacei, otto delle quali sono considerate specie regolari. 

Le specie che oggi si possono avvistare regolarmente, più o meno frequentemente, sono: 

  • Balenottera comune (Balaenoptera physalus); 
  • Capodoglio (Physeter macrocephalus); 
  • Zifio (Ziphius cavirostris); 
  • Globicefalo (Globicephala melas); 
  • Grampo (Grampus griseus); 
  • Tursiope (Tursiops truncatus); 
  • Stenella striata (Stenella coeruleoalba); 
  • Delfino comune (Delphinus delphis). 

Ciascuna di queste specie possiede specifiche caratteristiche ed esigenze ecologiche che determinano la distribuzione geografica a seconda delle diverse zone ambientali offerte dal Mediterraneo. Negli ultimi decenni però gli habitat si sono ristretti a causa del degrado ambientale derivante dalle attività antropiche, con la conseguente scomparsa di Cetacei da alcune zone nelle quali tali specie animali vivevano in condizioni ottimali.  

Ricerche compiute sui cetacei nei mari italiani hanno rivelato l’esistenza di differenze significative tra le profondità delle acque preferite da ciascuna specie: Balenottera comune, Zifio e Globicefalo sono prettamente pelagiche (ovvero in mare aperto) e si trovano al largo di acque profonde 2000 metri o più; Capodoglio, Stenella striata e Grampo sono più frequenti in corrispondenza delle zone della scarpata continentale; il Delfino comune si localizza nelle zone intermedie tra scarpata e piattaforma continentale; infine il Tursiope è una specie cosiddetta neritica, ossia si mantiene in prossimità delle coste, a profondità inferiori ai 100 metri.

Balenottera comune (Balaenoptera physalus)
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Esemplare di Balenottera Comune - Foto di Laura Pintore


La balenottera comune è il secondo animale più grande al mondo, superata solo dalla balenottera azzurra. Può raggiungere una lunghezza di 25 metri e un peso che arriva fino a 85 tonnellate. La sua colorazione è elegante e distintiva: il dorso grigio ardesia contrasta con il ventre bianco. Particolare è la colorazione asimmetrica della mandibola, bianca sul lato destro e grigia su quello sinistro, caratteristica unica nel mondo animale. Nonostante la sua mole, presenta un corpo slanciato e può raggiungere velocità di 50 km/h. La Balenottera comune è dotata di un soffio alto e conico che può raggiungere i 6 metri di altezza, rendendola facilmente individuabile in mare aperto.

  • Habitat e distribuzione: Questa specie è prevalentemente pelagica, cioè vive in acque profonde, generalmente oltre i 1.000 metri, ma la si può avvistare anche vicino alle coste. Nel Mediterraneo, la balenottera comune si concentra nel bacino occidentale, con una particolare predilezione per le acque del Santuario Pelagos, dove trova abbondanti risorse alimentari. Le migrazioni stagionali sono un aspetto fondamentale della sua vita: durante l'estate si sposta verso acque più fredde e ricche di cibo, mentre in inverno preferisce ambienti temperati per accoppiarsi e partorire. 
  • Alimentazione: la Balenottera comune è un misticete, ovvero un cetaceo dotato di fanoni, strutture di cheratina che utilizza per filtrare il cibo dall'acqua. La sua dieta si basa principalmente sul krill, piccoli crostacei planctonici, ma include anche piccoli pesci. Durante l’alimentazione, la balenottera si avvicina ai banchi di krill con una tecnica impressionante: spalanca le fauci e tiene nella bocca grandi quantità d'acqua e cibo, che poi separa grazie ai fanoni. Un esemplare adulto può ingerire fino a 4 tonnellate di cibo al giorno, accumulando riserve di energia indispensabili per le migrazioni. 
  • Riproduzione: la riproduzione della Balenottera comune segue cicli stagionali. L'accoppiamento avviene nelle acque calde durante l'inverno, e dopo una gestazione di circa 11-12 mesi, la femmina dà alla luce un solo piccolo. Alla nascita, i cuccioli misurano circa 6 metri e pesano fino a 2 tonnellate. Durante i primi mesi di vita, il piccolo si nutre esclusivamente del latte materno, estremamente ricco di grassi, che gli consente di crescere rapidamente. Lo svezzamento avviene intorno ai 6 mesi, quando il cucciolo ha raggiunto una notevole autonomia. 

Minacce: 
  • Collisioni con le navi: Le rotte marittime spesso attraversano i suoi habitat, aumentando il rischio di incidenti letali. 
  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti dall’attività umana interferiscono con la sua capacità di comunicare e orientarsi. 
  • Cambiamenti climatici: L’aumento della temperatura delle acque può influire sulla distribuzione delle sue prede. 
Stato di conservazione IUCN: la Balenottera comune è classificata come specie vulnerabile nella Lista Rossa IUCN, il che sottolinea la necessità di proteggere i suoi habitat. 


Curiosità 
  • È l’unico misticete regolarmente avvistato nel Mediterraneo. 
  • Può percorrere grandi distanze comunicando con suoni a bassa frequenza che viaggiano per centinaia di chilometri sotto la superficie del mare. 
  • Il suo cuore è grande quanto una piccola automobile, e ogni battito può essere percepito anche a distanza ravvicinata. 

"La balenottera comune è un gigante gentile del Mare Nostrum e un simbolo della ricchezza e della fragilità degli ecosistemi marini. Proteggerla significa salvaguardare il delicato equilibrio del Mediterraneo." 

Capodoglio (Physeter macrocephalus)
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Esemplare di Capodoglio - Foto di Laura Pintore


Il capodoglio è il più grande odontocete (cetaceo dotato di denti) al mondo. I maschi possono raggiungere i 18 metri di lunghezza e un peso di circa 50 tonnellate, mentre le femmine, più piccole, arrivano a 12 metri. La sua testa squadrata e massiccia rappresenta un terzo della lunghezza totale del corpo ed è una delle sue caratteristiche più distintive. Al suo interno si trova l'organo spermaceti, una struttura piena di una sostanza cerosa utilizzata per l'ecolocalizzazione e, probabilmente, per regolare il galleggiamento durante le immersioni. Il soffio del capodoglio, inclinato verso sinistra, è un elemento unico che consente di identificarlo facilmente. La sua pelle è generalmente grigia scura, con un aspetto rugoso e cicatrici dovute a incontri con calamari giganti, una delle sue prede principali.

  • Habitat e distribuzione:il Capodoglio è una specie pelagica che vive in acque profonde, preferibilmente oltre i 1.000 metri, dove trova abbondanza di prede. È particolarmente legato ai canyon sottomarini e alle dorsali oceaniche, luoghi che offrono un habitat ideale per la caccia. Nel Mar Mediterraneo, i capodogli sono presenti soprattutto nel bacino occidentale, con avvistamenti frequenti nel Santuario Pelagos, nel Canale di Sicilia e lungo le coste della Calabria. Questa popolazione mediterranea è considerata isolata rispetto a quelle oceaniche.
  • Alimentazione: il Capodoglio si nutre principalmente di calamari, inclusi quelli giganti, ma consuma anche altri cefalopodi e occasionalmente pesci. È un predatore abile e silenzioso, capace di immergersi fino a oltre 2.000 metri di profondità e di rimanere in apnea per oltre 1 ora e mezzo. Durante le immersioni, utilizza il suo biosonar per localizzare le prede: emette click a bassa frequenza che rimbalzano sugli oggetti circostanti, fornendogli un'immagine acustica dettagliata dell'ambiente. Ogni giorno, un capodoglio adulto può consumare fino a una tonnellata di cibo, un quantitativo indispensabile per mantenere il suo enorme fabbisogno energetico.
  • Riproduzione: il Capodoglio ha una struttura sociale complessa, basata su gruppi familiari composti da femmine adulte e i loro piccoli. I maschi, dopo aver raggiunto la maturità sessuale (intorno ai 18-21 anni), tendono a vivere in solitudine o in piccoli gruppi di scapoli. L'accoppiamento avviene solitamente in acque calde. La gestazione dura circa 14-16 mesi e si conclude con la nascita di un singolo piccolo lungo 4 metri e pesante circa 1 tonnellata. I cuccioli vengono allattati fino a due anni, ma il legame con la madre può durare molto più a lungo.  


Minacce: 

  • Collisioni con le navi: Le rotte marittime coincidono spesso con i suoi habitat, aumentando il rischio di incidenti.
  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti da attività umane, come le esplorazioni petrolifere, interferiscono con il suo biosonar, fondamentale per la caccia e la navigazione.  
  • Plastica e rifiuti: Sono stati trovati rifiuti plastici negli stomaci di diversi esemplari, un problema che mette in pericolo la loro salute.
  • Catture accidentali: Il capodoglio può rimanere intrappolato nelle reti da pesca, causando decessi non intenzionali.  
Stato di conservazione IUCN: La popolazione mediterranea del capodoglio è classificata come vulnerabile nella Lista Rossa IUCN, rendendo urgente l’implementazione di misure di conservazione.


Curiosità: 
  • I capodogli producono ambra grigia, una sostanza rara e preziosa utilizzata in profumeria. Si forma nell'intestino e si pensa derivi dalla digestione dei becchi dei calamari.
  • Il capodoglio è in grado di emettere clic a intensità talmente elevata da poter stordire le prede.
  • Vive in gruppi sociali complessi, con un forte senso di cooperazione tra le femmine per la cura dei piccoli.
  • È una delle specie marine più longeve: può vivere fino a 70 anni.
 Il capodoglio è un simbolo di forza e adattabilità, ma anche di vulnerabilità di fronte all'impatto umano. La sua protezione è fondamentale per salvaguardare la biodiversità marina e gli ecosistemi profondi.
Zifio (Ziphius cavirostris)
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Esemplare di Zifio, foto di Laura Pintore


Lo zifio è un odontocete enigmatico e poco conosciuto, famoso per le sue immersioni record. Raggiunge una lunghezza di 6-7 metri e un peso di circa 3 tonnellate. Il suo corpo affusolato è perfettamente adattato alla vita in profondità, con una pelle che varia dal grigio scuro al marrone e presenta macchie bianche e graffi dovute a cicatrici, interazioni sociali e parassiti marini. I maschi adulti possiedono due denti prominenti sulla mandibola, visibili anche a bocca chiusa, mentre le femmine e i giovani ne sono privi o li hanno appena accennati. Lo zifio ha una testa piccola rispetto al corpo, con una caratteristica convessità chiamata melone, utilizzata per l'ecolocalizzazione. Il suo soffio, poco evidente, lo rende difficile da individuare in superficie.

  • Habitat e distribuzione:lo zifio è una specie profondamente legata agli ambienti pelagici, preferendo le acque oltre i 1.000 metri di profondità, spesso nei pressi di canyon sottomarini e dorsali oceaniche. Nel Mediterraneo, è particolarmente presente nel bacino occidentale, con avvistamenti regolari nel Santuario Pelagos, dove le condizioni ambientali favoriscono la presenza delle sue prede principali. Questa specie è elusiva e trascorre gran parte del tempo in profondità, emergendo in superficie solo per brevi periodi. La sua natura discreta lo rende difficile da osservare e studiare, contribuendo al mistero che lo circonda.
  • Alimentazione: lo zifio si nutre principalmente di calamari e, in misura minore, di pesci che trova a grandi profondità. È un predatore opportunista, adattando la sua dieta alla disponibilità di prede nell’ambiente circostante. Grazie alle sue straordinarie capacità di immersione, è in grado di raggiungere profondità di oltre 3.000 metri e di rimanere in apnea per oltre due ore, un record tra i mammiferi marini. Durante le immersioni, utilizza il biosonar per localizzare le prede, emettendo click a bassa frequenza che rimbalzano sugli oggetti circostanti.
  • Riproduzione: le conoscenze sulla riproduzione dello zifio sono limitate, a causa della difficoltà di studiare questa specie in natura. Si stima che le femmine raggiungano la maturità sessuale intorno ai 5,5 metri di lunghezza. Non ci sono informazioni certe sulla stagionalità dell'accoppiamento, ma si ipotizza che possa variare in base alle condizioni ambientali. Dopo una gestazione che si presume duri circa 12 mesi, le femmine danno alla luce un singolo cucciolo, lungo circa 2-3 metri. Il piccolo rimane con la madre per un lungo periodo, durante il quale apprende le tecniche di sopravvivenza e alimentazione.  


Minacce: 

  • Inquinamento acustico: Questa specie è particolarmente sensibile ai suoni ad alta intensità, come quelli prodotti da esplosioni sottomarine e sonar militari. Questi rumori possono causare disorientamento e spiaggiamenti di massa.
  • Plastica e rifiuti marini: Lo zifio ingerisce accidentalmente plastica durante la caccia alle prede, con effetti potenzialmente letali.  
  • Collisioni con navi: Anche se meno frequenti rispetto ad altre specie, gli zifi possono essere vittime di collisioni nei pressi delle rotte marittime.
Stato di conservazione IUCN: Lo zifio è classificato come "Vulnerabile" (VU) nella Lista Rossa dell'IUCN per la popolazione del Mar Mediterraneo. A livello globale, la specie è considerata di "Minor Preoccupazione" (LC). Questa discrepanza riflette le specifiche minacce e pressioni che la popolazione mediterranea affronta, rendendo necessarie misure di conservazione mirate nella regione.


Curiosità: 
  • Lo zifio detiene il record tra i mammiferi marini per le immersioni più profonde e più lunghe mai registrate. Nel 2010 è stata documentata un’immersione che ha raggiunto i 2.992 metri di profondità. Nel 2017 è stata registrata un’immersione della durata di 3 ore e 42 minuti, stabilendo il record per la più lunga mai documentata per un mammifero. Queste capacità eccezionali rendono lo zifio un vero campione degli abissi marini, adattato a vivere in ambienti estremi dove caccia cefalopodi e altre prede delle profondità. La sua resistenza e abilità dimostrano l’incredibile adattamento evolutivo di questa specie agli ecosistemi profondi.
  • La sua pelle può essere segnata da cicatrici dovute a lotte tra maschi per l’accoppiamento o a parassiti marini, come le lamprede.
  • Gli avvistamenti in superficie sono rari, poiché trascorre fino al 90% della sua vita nelle profondità oceaniche.  
 

Lo zifio è un esempio straordinario di adattamento agli ambienti marini estremi e un simbolo di quanto poco conosciamo ancora sulle profondità del nostro pianeta. Proteggerlo significa preservare la biodiversità e il fragile equilibrio degli ecosistemi pelagici.  

Globicefalo (Globicephala melas)
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Di NOAA Photo Library - anim1057, Pubblico dominio


Il globicefalo è un odontocete dalla corporatura massiccia e dalla testa globosa, che gli conferisce un aspetto unico. Raggiunge una lunghezza massima di 8,7 metri e un peso di circa 3 tonnellate. La pelle è prevalentemente nera, con una macchia bianca sul petto e sul ventre che ne accentua l'eleganza. Le pinne pettorali sono lunghe e a forma di mezzaluna, mentre la pinna dorsale è alta e falcata, situata a circa un terzo del corpo. I globicefali neonati, già robusti alla nascita, misurano circa 2 metri di lunghezza e pesano oltre 100 kg.

  • Habitat e distribuzione: il globicefalo è una specie pelagica che preferisce acque profonde, spesso sopra canyon sottomarini, dorsali oceaniche o scarpate continentali. Nel Mar Mediterraneo, è particolarmente presente nel Santuario Pelagos, nelle acque del Mar Ligure e a ovest della Sardegna. Questi cetacei vivono in gruppi sociali stabili, chiamati "pod", composti da individui imparentati per linea materna. Ogni gruppo è guidato da una femmina dominante, che svolge un ruolo cruciale nel mantenere l’unità e il coordinamento del gruppo.
  • Alimentazione:: il globicefalo si nutre quasi esclusivamente di cefalopodi, principalmente calamari di profondità, ma occasionalmente consuma anche pesci gregari. Un adulto può ingerire tra i 50 e i 100 kg di prede al giorno. Durante la caccia, utilizza l’ecolocalizzazione per individuare le prede nei bui abissi marini. La dieta altamente specializzata rende il globicefalo vulnerabile ai cambiamenti nell’abbondanza delle sue prede, spesso legati all’impatto delle attività umane sugli ecosistemi marini.
  • Riproduzione: il globicefalo ha un ciclo riproduttivo relativamente lungo. Le femmine raggiungono la maturità sessuale tra i 6 e gli 8 anni, mentre i maschi intorno ai 10 anni. L'accoppiamento avviene generalmente in tarda primavera o estate, e la gestazione dura circa 15-16 mesi, un periodo particolarmente lungo rispetto ad altri odontoceti. Alla nascita, il cucciolo viene allattato per un periodo che può estendersi fino a 6-8 anni, un fenomeno raro tra i cetacei. Questo lungo periodo di allattamento garantisce una forte relazione madre-figlio, cruciale per l’apprendimento e la sopravvivenza del piccolo.  


Minacce: 

  • Catture accidentali: Spesso rimane intrappolato nelle reti da pesca, in particolare quelle pelagiche.
  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti da esplorazioni sottomarine e traffico marittimo interferiscono con le sue capacità di comunicazione e orientamento.
  • Riduzione delle prede: La pesca eccessiva di calamari e altri cefalopodi influisce negativamente sulla disponibilità di cibo.
Stato di conservazione IUCN: il globicefalo (Globicephala melas) è classificato come "Endangered" (EN) nel Mar Mediterraneo. La specie è difficile da osservare nel bacino orientale e anche lungo la penisola italiana, rendendo difficile una stima precisa delle dimensioni della popolazione. Sebbene sia classificato come "Data Deficient" nella Lista Rossa IUCN, è evidente che la specie richiede un monitoraggio attento per valutare meglio il suo stato di conservazione.


Curiosità: 
  • È noto per i suoi comportamenti cooperativi, come il supporto ai membri malati o feriti del gruppo.
  • Le femmine, dopo l'ultimo parto della vita, possono allattare i loro cuccioli per periodi più lunghi rispetto ai parti precedenti.
  • È una delle poche specie di cetacei in cui il legame con la famiglia materna rimane saldo per tutta la vita.
 

Il globicefalo è un emblema della complessità sociale e dell’adattabilità dei cetacei. Proteggere il suo habitat significa garantire la sopravvivenza di uno degli abitanti più affascinanti degli abissi marini.   

Grampo (Grampus griseus)
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Grampo - "Mike" Michael L. Baird, CC BY 2.0 via Wikimedia Commons


Il grampo è un odontocete di medie dimensioni, facilmente riconoscibile per la sua pelle grigia segnata da cicatrici bianche, che diventano più numerose con l'età. Gli individui più anziani possono apparire quasi completamente bianchi, rendendo questa specie unica tra i cetacei. Raggiunge una lunghezza di circa 3,5 metri e un peso di 400-600 kg. Il suo corpo è robusto, con una testa arrotondata priva di rostro evidente. La pinna dorsale, alta e falcata, si trova nella parte centrale del corpo, mentre le pinne pettorali sono lunghe e appuntite. Alla nascita, i piccoli misurano circa 1,5 metri e pesano circa 20 kg.

  • Habitat e distribuzione: il grampo è una specie pelagica che vive principalmente in acque profonde, preferibilmente in prossimità di canyon sottomarini e scarpate continentali, dove le sue prede principali sono abbondanti. Nel Mar Mediterraneo, è regolarmente avvistato nel Santuario Pelagos, così come tra le isole Eolie e Ustica. Questi delfini tendono a frequentare aree con acque limpide e ricche di risorse, ma possono anche essere avvistati occasionalmente in prossimità della costa, specialmente in regioni caratterizzate da profondità elevate vicino alla riva.
  • Alimentazione: Il grampo si nutre quasi esclusivamente di cefalopodi, come calamari e seppie, ma occasionalmente consuma pesci. È un cacciatore notturno, che utilizza l’ecolocalizzazione per individuare le prede nelle profondità marine. Durante la caccia, i grampi possono immergersi fino a 600 metri e rimanere in apnea per diversi minuti. La loro dieta altamente specializzata li rende vulnerabili ai cambiamenti nella disponibilità delle prede, spesso causati dalle attività umane.
  • Riproduzione: Il ciclo riproduttivo del grampo è poco conosciuto, ma si stima che le femmine raggiungano la maturità sessuale intorno ai 9-10 anni, mentre i maschi maturano leggermente più tardi. L'accoppiamento può avvenire durante tutto l'anno, anche se si registrano picchi stagionali in alcune popolazioni. La gestazione dura circa 12-14 mesi, e alla nascita il cucciolo è lungo circa 1,5 metri. Viene allattato per un periodo che può durare fino a due anni, durante il quale rimane strettamente legato alla madre. I legami familiari sono forti, e i piccoli apprendono comportamenti cruciali per la sopravvivenza, come la caccia e la socializzazione, osservando gli adulti del gruppo.  


Minacce: 

  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti da esplorazioni sottomarine e traffico marittimo interferiscono con la sua ecolocalizzazione.
  • Catture accidentali: Questa specie può rimanere intrappolata nelle reti da pesca, specialmente quelle pelagiche.
  • Inquinamento chimico e plastico: L'accumulo di sostanze tossiche nei tessuti può influire negativamente sulla salute degli individui e sulla riproduzione.
  • Declino delle prede: La pesca eccessiva di cefalopodi può ridurre la disponibilità di cibo.
Stato di conservazione IUCN: la subpopolazione mediterranea del grampo è classificata come "Endangered, in pericolo" (EN). Questa valutazione riflette le minacce significative e la necessità di maggiori studi per poterlo tutelare


Curiosità: 
  • Le cicatrici presenti sulla pelle dei grampi derivano principalmente da interazioni sociali, come morsi durante i giochi o scontri per l’accoppiamento, ma anche dai becchi dei calamari.
  • Spesso viene osservato in associazione con altre specie di cetacei, come i tursiopi e le stenelle.
  • Gli individui più anziani tendono a essere completamente bianchi, un tratto distintivo che riflette la loro lunga vita. .
 

Il grampo è una specie affascinante, simbolo della complessità sociale e della resilienza dei cetacei. Proteggerlo significa preservare gli ecosistemi marini e le connessioni profonde che legano questi animali al loro ambiente naturale.   

Tursiope (Tursiops truncatus)
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Esemplare di Tursiope, foto di Laura Pintore 


Il tursiope è uno dei cetacei più noti e studiati, grazie alla sua intelligenza, socialità e presenza frequente nelle acque costiere. Questo delfino di grandi dimensioni può raggiungere una lunghezza di 2,5-3,5 metri e un peso compreso tra i 300 e i 400 kg. Il maschio è generalmente più grande della femmina. La livrea del tursiope è caratterizzata da una colorazione grigia sfumata: il dorso è più scuro, mentre i fianchi sfumano verso un ventre bianco o rosato. La testa è arrotondata e presenta un rostro corto e ben definito. Le pinne pettorali, la dorsale e la coda sono ben sviluppate, conferendogli grande agilità in acqua.

  • Habitat e distribuzione: Il tursiope è una specie cosmopolita, presente in tutti gli oceani del mondo, eccetto le acque polari. Predilige habitat neritici, ovvero acque poco profonde vicine alla costa, ma può essere avvistato anche in mari aperti, soprattutto in aree con abbondanza di prede. Nel Mar Mediterraneo, il tursiope è distribuito lungo tutte le coste, con una maggiore densità nel bacino occidentale e nel Santuario Pelagos. Può frequentare lagune, estuari e persino porti, adattandosi a una vasta gamma di ambienti marini.
  • Alimentazione: Il tursiope è un predatore opportunista e si nutre di una grande varietà di prede, inclusi pesci ossei, cefalopodi (come calamari e seppie) e crostacei. La sua dieta varia in base alla disponibilità di cibo nel suo habitat. Per cacciare, utilizza l’ecolocalizzazione: emette clic ad alta frequenza che rimbalzano sulle prede, permettendogli di localizzarle con precisione anche in acque torbide. I tursiopi cacciano sia individualmente che in gruppo, spesso coordinandosi per circondare i banchi di pesce e facilitarne la cattura.
  • Riproduzione: Il tursiope ha un ciclo riproduttivo complesso. Le femmine raggiungono la maturità sessuale tra i 9 e gli 11 anni, mentre i maschi maturano più tardi, tra i 10 e i 13 anni. Gli accoppiamenti e le nascite possono avvenire durante tutto l’anno, con un picco nei mesi estivi. La gestazione dura circa 12 mesi, dopo i quali la femmina dà alla luce un singolo piccolo lungo circa un metro e pesante 10-15 kg. I cuccioli vengono allattati per 12-18 mesi, ma possono continuare a ricevere cure materne anche dopo lo svezzamento, fino a quando la madre non dà alla luce un nuovo piccolo.  


Minacce: 

  • Inquinamento chimico e plastico: L’accumulo di sostanze tossiche e l’ingestione di plastica compromettono la salute e la capacità riproduttiva della specie.
  • Collisioni con imbarcazioni: Le aree costiere frequentate dai tursiopi spesso coincidono con rotte marittime trafficate, aumentando il rischio di incidenti.
  • Catture accidentali: I tursiopi rimangono spesso intrappolati nelle reti da pesca, con esiti letali.
  • Degrado dell’habitat: La pesca eccessiva e lo sviluppo costiero riducono la disponibilità di prede e di ambienti sicuri.
Stato di conservazione IUCN: l tursiope nel Mar Mediterraneo è stato recentemente riclassificato come "di Minor Preoccupazione" nella Lista Rossa dell'IUCN, ma continua a essere esposto a numerose minacce che richiedono costanti sforzi di monitoraggio e conservazione per garantire la sopravvivenza della specie nella regione.


Curiosità: 
  • Possono vivere fino a 50 anni, anche se l’aspettativa di vita media è di circa 30-40 anni.
  • Sono in grado di utilizzare strumenti: in alcune regioni, i tursiopi proteggono il rostro con spugne marine mentre scavano sul fondale per cercare prede.
  • Il loro carattere socievole li ha resi protagonisti di molte interazioni con l’uomo, sia in cattività che in natura.
  • La comunicazione tra i membri del gruppo avviene tramite una combinazione di suoni (fischi e clic), posture corporee e movimenti della coda e delle pinne. Ogni individuo ha un fischio caratteristico, simile a un “nome”, che utilizza per identificarsi.
  • I tursiopi dimostrano comportamenti complessi, come il babysitting (le femmine si prendono cura dei piccoli altrui) e l’apprendimento sociale, che consente loro di trasmettere abilità e conoscenze tra generazioni.
 

Il tursiope è un simbolo di intelligenza e adattabilità nel mondo marino. Proteggere questa specie significa garantire la sopravvivenza di uno degli ambasciatori più carismatici dei nostri mari.  

Stenella striata (Stenella coeruleoalba)
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Esemplari di Stenella Striata, foto di Laura Pintore 


La stenella striata è un delfino di piccola taglia noto per la sua agilità e le spettacolari acrobazie. Gli adulti raggiungono una lunghezza di circa 2 metri e un peso compreso tra gli 80 e i 120 kg. I maschi sono leggermente più grandi delle femmine, ma non vi sono evidenti dimorfismi sessuali. La sua livrea è particolarmente distintiva: presenta tre zone di colore lungo il corpo. La parte dorsale è grigio-azzurra scura, i fianchi sono grigio chiaro con una caratteristica striscia bianca o grigio chiaro che si estende verso la pinna dorsale, mentre il ventre è bianco. Questo disegno a strisce le conferisce il nome di “striata”. Il rostro è ben definito e slanciato, completando l’aspetto aerodinamico di questo delfino.

  • Habitat e distribuzione: La stenella striata è una specie pelagica che vive principalmente in acque profonde, spesso oltre i 1.000 metri. Predilige zone caratterizzate da elevata produttività marina, come le scarpate continentali e le aree con correnti ascendenti ricche di nutrienti. Nel Mar Mediterraneo, la stenella striata è una delle specie di cetacei più abbondanti, con una distribuzione che copre l’intero bacino. È particolarmente comune nel Santuario Pelagos, dove le condizioni ambientali favoriscono la presenza delle sue prede principali.
  • Alimentazione: La stenella striata è un predatore opportunista con una dieta varia, composta principalmente da cefalopodi, pesci ossei di piccola taglia e crostacei macro planctonici (di dimensioni tra i 5 mm e 5 cm). La dieta può variare in base alla disponibilità di prede nelle diverse aree geografiche. Caccia prevalentemente di notte, quando le sue prede si spostano verso la superficie. Utilizza l’ecolocalizzazione per localizzare il cibo, emettendo clic ad alta frequenza che rimbalzano sugli oggetti circostanti. Questo le consente di individuare le prede anche in condizioni di scarsa visibilità.
  • Riproduzione: La stenella striata si riproduce con cicli stagionali. La gestazione dura circa 12-13 mesi, e le nascite avvengono prevalentemente in estate. Alla nascita, i cuccioli misurano poco meno di 1 metro e pesano circa 11-15 kg. I piccoli vengono allattati per circa 12-18 mesi, ma rimangono con la madre anche dopo lo svezzamento per apprendere abilità di caccia e socializzazione. Le femmine raggiungono la maturità sessuale tra i 5 e i 13 anni, mentre i maschi tra i 7 e i 15 anni. L’intervallo tra una nascita e l’altra varia da 2 a 3 anni.  


Minacce: 

  • Inquinamento marino: Accumulo di metalli pesanti e microplastiche nei tessuti, che possono compromettere la salute degli individui.
  • Catture accidentali: Spesso rimane intrappolata nelle reti da pesca, in particolare quelle pelagiche.
  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti dalle imbarcazioni e dalle attività industriali interferiscono con le sue capacità di comunicazione ed ecolocalizzazione.
  • Cambiamenti climatici: L’alterazione degli ecosistemi marini potrebbe influire sulla disponibilità di prede.
Stato di conservazione IUCN:La stenella del Mediterraneo, considerata come una distinta unità di conservazione rispetto alla popolazione atlantica, è classificata come “Least Concern, di Minor Preoccupazione” (LC) nella IUCN Red List.


Curiosità: 
  • È una delle specie di cetacei più acrobatiche: i suoi salti, piroette e capriole in aria sono spettacoli affascinanti.
  • Può percorrere grandi distanze seguendo le imbarcazioni, sfruttando le onde di prua per risparmiare energia.
  • Vive in gruppi estremamente coesi, con forti legami sociali tra i membri.
  • È una delle specie più vocali del Mediterraneo, utilizzando una vasta gamma di suoni per comunicare e coordinarsi con il gruppo.
  • Un comportamento distintivo della stenella striata è il “bow-riding”: cavalca le onde di prua delle imbarcazioni, mostrando notevole agilità e curiosità.
 

La stenella striata rappresenta la vitalità e la bellezza dei mari aperti. La sua protezione è essenziale per mantenere l’equilibrio degli ecosistemi marini e preservare la biodiversità del Mediterraneo.  

Delfino comune (Delphinus delphis)
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Esemplari di Delfino Comune, foto di Laura Pintore 


Il delfino comune, nonostante il nome, è oggi una specie rara e in declino nel Mediterraneo. Questo delfino di medie dimensioni può raggiungere una lunghezza di 2-2,5 metri e un peso che varia tra i 100 e i 150 kg. È noto per la sua eleganza e la caratteristica livrea a clessidra: la parte anteriore del corpo presenta una colorazione gialla, che sfuma nel grigio nella parte posteriore, separata da una linea scura. Il ventre è bianco, mentre il dorso è di un grigio più scuro. Il rostro, lungo e affusolato, è ben definito e separato dalla fronte da un solco evidente. La pinna dorsale è alta e falcata, e le pinne pettorali sono corte e appuntite, caratteristiche che contribuiscono alla sua straordinaria agilità in acqua.

  • Habitat e distribuzione: Il delfino comune è una specie cosmopolita, diffusa in tutti gli oceani temperati e tropicali. Tuttavia, nel Mediterraneo, la sua presenza si è drasticamente ridotta negli ultimi decenni, tanto da essere considerato “in pericolo” dalla Lista Rossa IUCN per questa regione. Predilige acque pelagiche e aree con elevate concentrazioni di prede, come scarpate continentali e zone con correnti ricche di nutrienti. Nel Mediterraneo, un tempo abbondante, è ora limitato ad aree specifiche, come il Golfo di Corinto, il Mar Ionio e alcune zone del Santuario Pelagos.
  • Alimentazione: Il delfino comune è un predatore opportunista, con una dieta varia che include pesci ossei (come sardine e acciughe), cefalopodi e occasionalmente crostacei. Si nutre principalmente di pesce azzurro, prediligendo le specie che formano grandi banchi. La caccia avviene sia individualmente che in gruppo. Quando cacciano in gruppo, i delfini comuni adottano strategie collaborative, circondando i banchi di pesci per concentrarli in un’area ristretta e facilitarne la cattura. Utilizzano l’ecolocalizzazione per individuare le prede, emettendo suoni ad alta frequenza che rimbalzano sugli oggetti circostanti.
  • Riproduzione: Il delfino comune si riproduce con cicli stagionali, con picchi di accoppiamenti e nascite nei mesi primaverili ed estivi. La gestazione dura circa 10-12 mesi, e alla nascita i piccoli misurano circa 80-100 cm e pesano intorno ai 10 kg. I cuccioli vengono allattati per un periodo di 6-12 mesi, ma rimangono con la madre e il gruppo familiare anche dopo lo svezzamento per imparare le tecniche di caccia e socializzazione. Le femmine raggiungono la maturità sessuale intorno ai 5-7 anni, mentre i maschi maturano più tardi, a circa 8-10 anni.


Minacce: 

  • Catture accidentali: Rimane intrappolato nelle reti da pesca, in particolare nelle reti pelagiche e a strascico
  • Inquinamento marino: L’accumulo di metalli pesanti e altre sostanze tossiche nei tessuti compromette la salute e la fertilità degli individui.
  • Declino delle prede: La pesca eccessiva riduce la disponibilità di pesci azzurri, la sua principale fonte di cibo.
  • Inquinamento acustico: Le attività umane, come il traffico marittimo e le esplorazioni sottomarine, interferiscono con la sua capacità di comunicare e orientarsi.
Stato di conservazione IUCN:Nel Mediterraneo, il delfino comune è classificato come “in pericolo”, sottolineando l’urgenza di azioni di conservazione mirate per garantire la sopravvivenza della specie.


Curiosità: 
  • Il delfino comune è uno dei cetacei più veloci: può raggiungere i 60 km/h durante gli scatti.
  • È noto per i suoi spettacolari salti fuori dall’acqua, spesso alti fino a 3 metri, che lo rendono un’attrazione per gli appassionati di whale watching.
  • I gruppi di delfini comuni sono spesso accompagnati da altre specie di cetacei, come stenelle e tursiopi.
  • Era un simbolo importante nella cultura dell'antica Grecia, dove era associato al dio Apollo e alla protezione dei marinai.
 

Il delfino comune, con la sua grazia e socialità, è un simbolo della vitalità degli oceani. La sua protezione è essenziale per salvaguardare la biodiversità marina e preservare una delle specie più affascinanti del Mediterraneo.  

Pinnipedi in pericolo critico: la Foca Monaca
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Esemplare di Foca Monaca, Wanax01 CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons


Sebbene appartenga a un ordine diverso rispetto ai cetacei (come balene e delfini), la foca monaca, pinnipede, vive negli stessi ambienti marini e condivide molte caratteristiche ecologiche, come la dipendenza dall'ambiente acquatico per la sua alimentazione e riproduzione. Può raggiungere una lunghezza di 2,4 metri e un peso fino a 320 kg. È caratterizzata da una pelliccia di colore nero nei maschi e marrone o grigio scuro nelle femmine, con il ventre più chiaro che può essere bianco nei maschi adulti. Il muso è corto, largo e piatto, con narici pronunciate rivolte verso l'alto. Le pinne anteriori sono relativamente corte, mentre quelle posteriori sono sottili e allungate.

  • Habitat e distribuzione: La foca monaca un tempo era ampiamente diffusa in tutto il Mediterraneo, il Mar Nero e le coste atlantiche del Nord Africa. Oggi, la sua popolazione è drasticamente ridotta e frammentata. Si stima che ne sopravvivano meno di 700 esemplari, concentrati principalmente in tre aree: il Mar Egeo orientale (Grecia, Turchia, Cipro), la costa atlantica nordafricana (Mauritania/Sahara Occidentale) e l'arcipelago di Madeira. Predilige coste rocciose con grotte marine, che utilizza per il riposo, il parto e l'allattamento. A causa della pressione umana, ha abbandonato le spiagge aperte a favore di grotte con accessi subacquei, spesso inaccessibili all'uomo. La foca monaca (Monachus monachus) è stata occasionalmente avvistata in alcune aree del Santuario Pelagos negli ultimi anni.
  • Alimentazione: Si nutre principalmente di pesci ossei, cefalopodi (soprattutto polpi) e crostacei. Tra le sue prede preferite ci sono murene, corvine, cernie, dentici, sardine e piccoli tonni. Caccia sia in acque costiere poco profonde che in alto mare, effettuando immersioni che possono raggiungere i 90 metri di profondità e durare fino a mezz'ora.
  • Riproduzione: La maturità sessuale viene raggiunta tra i 3 e i 6 anni. La stagione riproduttiva ha un picco nei mesi autunnali, con la maggior parte delle nascite tra settembre e novembre. La gestazione dura circa 12 mesi. Le femmine partoriscono un solo cucciolo all'anno, che alla nascita misura 88-103 cm e pesa 16-18 kg. L'allattamento dura circa 12 settimane, ma la madre inizia a lasciare il cucciolo da solo già dopo le prime settimane, tornando periodicamente ad allattarlo.


Minacce: 

  • Distruzione dell'habitat costiero dovuta all'urbanizzazione e al turismo.
  • Interazioni con le attività di pesca, incluse catture accidentali e uccisioni deliberate da parte dei pescatori.
  • Inquinamento marino.
  • Disturbo antropico nei siti di produzione
  • Cambiamento climatico, che altera gli ecosistemi marini
Stato di conservazione IUCN:La foca monaca del Mediterraneo è classificata come "in pericolo critico" dalla Lista Rossa IUCN, sottolineando l'urgente necessità di azioni di conservazione per prevenirne l'estinzione.


Curiosità: 
  • Il nome "foca monaca" deriva dal colore della pelliccia dei maschi adulti, che ricorda l'abito dei monaci.
  • È considerata una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione dalla Società Zoologica di Londra.
  • Può dormire sott'acqua, risalendo periodicamente in superficie per respirare.
  • Nell'antichità, era sacra al dio Apollo e amata da Poseidone nella mitologia greca.
 

La foca monaca, con la sua storia millenaria nel Mediterraneo e la sua critica situazione attuale, rappresenta un simbolo della necessità di proteggere gli ecosistemi marini. La sua conservazione è fondamentale non solo per la specie stessa, ma per preservare la biodiversità e l'equilibrio ecologico del Mar Mediterraneo.  

Ecco la mappa dei Cetacei del Santuario Pelagos:

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I Cetacei residenti del Santuario Pelagos

I cetacei sono stati considerati un gruppo sistematico diverso dagli altri organismi marini già a partire da Aristotele, che introdusse il termine κῆτος (kētos), con il significato di “mostro marino”, per identificare gli animali acquatici in grado di respirare attraverso i polmoni.

Con l’iniziativa Impelaghiamoci*, al 25mo anno dell’anniversario del Santuario Pelagos, ti invitiamo a conoscere meglio i Cetacei residenti nelle nostre acque e, più in generale, i mammiferi marini presenti nel nostro Mar Mediterraneo.


I Cetacei viventi sono divisi in due sottordini:

  • i Mysticeti, “Cetacei con i baffi” (dal greco mystax/mystakòs, ossia baffi), dotati di fanoni, strutture di cheratina ubicate nella mascella superiore che agiscono da setaccio, permettendo di filtrare il plancton dall'acqua.
  • gli Odontoceti, “cetacei con i denti” (dal greco odous/odontòs che significa dente), che si nutrono principalmente di pesci e/o calamari e si caratterizzano per avere un'abilità eccezionale nel percepire l'ambiente circostante mediante la ecolocalizzazione.

Cetacei regolarmente presenti nel Mediterraneo e nel Santuario Pelagos 

Nel Mar Mediterraneo si possono individuare 21 specie di cetacei, otto delle quali sono considerate specie regolari. 

Le specie che oggi si possono avvistare regolarmente, più o meno frequentemente, sono: 

  • Balenottera comune (Balaenoptera physalus); 
  • Capodoglio (Physeter macrocephalus); 
  • Zifio (Ziphius cavirostris); 
  • Globicefalo (Globicephala melas); 
  • Grampo (Grampus griseus); 
  • Tursiope (Tursiops truncatus); 
  • Stenella striata (Stenella coeruleoalba); 
  • Delfino comune (Delphinus delphis). 

Ciascuna di queste specie possiede specifiche caratteristiche ed esigenze ecologiche che determinano la distribuzione geografica a seconda delle diverse zone ambientali offerte dal Mediterraneo. Negli ultimi decenni però gli habitat si sono ristretti a causa del degrado ambientale derivante dalle attività antropiche, con la conseguente scomparsa di Cetacei da alcune zone nelle quali tali specie animali vivevano in condizioni ottimali.  

Ricerche compiute sui cetacei nei mari italiani hanno rivelato l’esistenza di differenze significative tra le profondità delle acque preferite da ciascuna specie: Balenottera comune, Zifio e Globicefalo sono prettamente pelagiche (ovvero in mare aperto) e si trovano al largo di acque profonde 2000 metri o più; Capodoglio, Stenella striata e Grampo sono più frequenti in corrispondenza delle zone della scarpata continentale; il Delfino comune si localizza nelle zone intermedie tra scarpata e piattaforma continentale; infine il Tursiope è una specie cosiddetta neritica, ossia si mantiene in prossimità delle coste, a profondità inferiori ai 100 metri.

Balenottera comune (Balaenoptera physalus)
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Esemplare di Balenottera Comune - Foto di Laura Pintore


La balenottera comune è il secondo animale più grande al mondo, superata solo dalla balenottera azzurra. Può raggiungere una lunghezza di 25 metri e un peso che arriva fino a 85 tonnellate. La sua colorazione è elegante e distintiva: il dorso grigio ardesia contrasta con il ventre bianco. Particolare è la colorazione asimmetrica della mandibola, bianca sul lato destro e grigia su quello sinistro, caratteristica unica nel mondo animale. Nonostante la sua mole, presenta un corpo slanciato e può raggiungere velocità di 50 km/h. La Balenottera comune è dotata di un soffio alto e conico che può raggiungere i 6 metri di altezza, rendendola facilmente individuabile in mare aperto.

  • Habitat e distribuzione: Questa specie è prevalentemente pelagica, cioè vive in acque profonde, generalmente oltre i 1.000 metri, ma la si può avvistare anche vicino alle coste. Nel Mediterraneo, la balenottera comune si concentra nel bacino occidentale, con una particolare predilezione per le acque del Santuario Pelagos, dove trova abbondanti risorse alimentari. Le migrazioni stagionali sono un aspetto fondamentale della sua vita: durante l'estate si sposta verso acque più fredde e ricche di cibo, mentre in inverno preferisce ambienti temperati per accoppiarsi e partorire. 
  • Alimentazione: la Balenottera comune è un misticete, ovvero un cetaceo dotato di fanoni, strutture di cheratina che utilizza per filtrare il cibo dall'acqua. La sua dieta si basa principalmente sul krill, piccoli crostacei planctonici, ma include anche piccoli pesci. Durante l’alimentazione, la balenottera si avvicina ai banchi di krill con una tecnica impressionante: spalanca le fauci e tiene nella bocca grandi quantità d'acqua e cibo, che poi separa grazie ai fanoni. Un esemplare adulto può ingerire fino a 4 tonnellate di cibo al giorno, accumulando riserve di energia indispensabili per le migrazioni. 
  • Riproduzione: la riproduzione della Balenottera comune segue cicli stagionali. L'accoppiamento avviene nelle acque calde durante l'inverno, e dopo una gestazione di circa 11-12 mesi, la femmina dà alla luce un solo piccolo. Alla nascita, i cuccioli misurano circa 6 metri e pesano fino a 2 tonnellate. Durante i primi mesi di vita, il piccolo si nutre esclusivamente del latte materno, estremamente ricco di grassi, che gli consente di crescere rapidamente. Lo svezzamento avviene intorno ai 6 mesi, quando il cucciolo ha raggiunto una notevole autonomia. 

Minacce: 
  • Collisioni con le navi: Le rotte marittime spesso attraversano i suoi habitat, aumentando il rischio di incidenti letali. 
  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti dall’attività umana interferiscono con la sua capacità di comunicare e orientarsi. 
  • Cambiamenti climatici: L’aumento della temperatura delle acque può influire sulla distribuzione delle sue prede. 
Stato di conservazione IUCN: la Balenottera comune è classificata come specie vulnerabile nella Lista Rossa IUCN, il che sottolinea la necessità di proteggere i suoi habitat. 


Curiosità 
  • È l’unico misticete regolarmente avvistato nel Mediterraneo. 
  • Può percorrere grandi distanze comunicando con suoni a bassa frequenza che viaggiano per centinaia di chilometri sotto la superficie del mare. 
  • Il suo cuore è grande quanto una piccola automobile, e ogni battito può essere percepito anche a distanza ravvicinata. 

"La balenottera comune è un gigante gentile del Mare Nostrum e un simbolo della ricchezza e della fragilità degli ecosistemi marini. Proteggerla significa salvaguardare il delicato equilibrio del Mediterraneo." 

Capodoglio (Physeter macrocephalus)
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Esemplare di Capodoglio - Foto di Laura Pintore


Il capodoglio è il più grande odontocete (cetaceo dotato di denti) al mondo. I maschi possono raggiungere i 18 metri di lunghezza e un peso di circa 50 tonnellate, mentre le femmine, più piccole, arrivano a 12 metri. La sua testa squadrata e massiccia rappresenta un terzo della lunghezza totale del corpo ed è una delle sue caratteristiche più distintive. Al suo interno si trova l'organo spermaceti, una struttura piena di una sostanza cerosa utilizzata per l'ecolocalizzazione e, probabilmente, per regolare il galleggiamento durante le immersioni. Il soffio del capodoglio, inclinato verso sinistra, è un elemento unico che consente di identificarlo facilmente. La sua pelle è generalmente grigia scura, con un aspetto rugoso e cicatrici dovute a incontri con calamari giganti, una delle sue prede principali.

  • Habitat e distribuzione:il Capodoglio è una specie pelagica che vive in acque profonde, preferibilmente oltre i 1.000 metri, dove trova abbondanza di prede. È particolarmente legato ai canyon sottomarini e alle dorsali oceaniche, luoghi che offrono un habitat ideale per la caccia. Nel Mar Mediterraneo, i capodogli sono presenti soprattutto nel bacino occidentale, con avvistamenti frequenti nel Santuario Pelagos, nel Canale di Sicilia e lungo le coste della Calabria. Questa popolazione mediterranea è considerata isolata rispetto a quelle oceaniche.
  • Alimentazione: il Capodoglio si nutre principalmente di calamari, inclusi quelli giganti, ma consuma anche altri cefalopodi e occasionalmente pesci. È un predatore abile e silenzioso, capace di immergersi fino a oltre 2.000 metri di profondità e di rimanere in apnea per oltre 1 ora e mezzo. Durante le immersioni, utilizza il suo biosonar per localizzare le prede: emette click a bassa frequenza che rimbalzano sugli oggetti circostanti, fornendogli un'immagine acustica dettagliata dell'ambiente. Ogni giorno, un capodoglio adulto può consumare fino a una tonnellata di cibo, un quantitativo indispensabile per mantenere il suo enorme fabbisogno energetico.
  • Riproduzione: il Capodoglio ha una struttura sociale complessa, basata su gruppi familiari composti da femmine adulte e i loro piccoli. I maschi, dopo aver raggiunto la maturità sessuale (intorno ai 18-21 anni), tendono a vivere in solitudine o in piccoli gruppi di scapoli. L'accoppiamento avviene solitamente in acque calde. La gestazione dura circa 14-16 mesi e si conclude con la nascita di un singolo piccolo lungo 4 metri e pesante circa 1 tonnellata. I cuccioli vengono allattati fino a due anni, ma il legame con la madre può durare molto più a lungo.  


Minacce: 

  • Collisioni con le navi: Le rotte marittime coincidono spesso con i suoi habitat, aumentando il rischio di incidenti.
  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti da attività umane, come le esplorazioni petrolifere, interferiscono con il suo biosonar, fondamentale per la caccia e la navigazione.  
  • Plastica e rifiuti: Sono stati trovati rifiuti plastici negli stomaci di diversi esemplari, un problema che mette in pericolo la loro salute.
  • Catture accidentali: Il capodoglio può rimanere intrappolato nelle reti da pesca, causando decessi non intenzionali.  
Stato di conservazione IUCN: La popolazione mediterranea del capodoglio è classificata come vulnerabile nella Lista Rossa IUCN, rendendo urgente l’implementazione di misure di conservazione.


Curiosità: 
  • I capodogli producono ambra grigia, una sostanza rara e preziosa utilizzata in profumeria. Si forma nell'intestino e si pensa derivi dalla digestione dei becchi dei calamari.
  • Il capodoglio è in grado di emettere clic a intensità talmente elevata da poter stordire le prede.
  • Vive in gruppi sociali complessi, con un forte senso di cooperazione tra le femmine per la cura dei piccoli.
  • È una delle specie marine più longeve: può vivere fino a 70 anni.
 Il capodoglio è un simbolo di forza e adattabilità, ma anche di vulnerabilità di fronte all'impatto umano. La sua protezione è fondamentale per salvaguardare la biodiversità marina e gli ecosistemi profondi.
Zifio (Ziphius cavirostris)
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Esemplare di Zifio, foto di Laura Pintore


Lo zifio è un odontocete enigmatico e poco conosciuto, famoso per le sue immersioni record. Raggiunge una lunghezza di 6-7 metri e un peso di circa 3 tonnellate. Il suo corpo affusolato è perfettamente adattato alla vita in profondità, con una pelle che varia dal grigio scuro al marrone e presenta macchie bianche e graffi dovute a cicatrici, interazioni sociali e parassiti marini. I maschi adulti possiedono due denti prominenti sulla mandibola, visibili anche a bocca chiusa, mentre le femmine e i giovani ne sono privi o li hanno appena accennati. Lo zifio ha una testa piccola rispetto al corpo, con una caratteristica convessità chiamata melone, utilizzata per l'ecolocalizzazione. Il suo soffio, poco evidente, lo rende difficile da individuare in superficie.

  • Habitat e distribuzione:lo zifio è una specie profondamente legata agli ambienti pelagici, preferendo le acque oltre i 1.000 metri di profondità, spesso nei pressi di canyon sottomarini e dorsali oceaniche. Nel Mediterraneo, è particolarmente presente nel bacino occidentale, con avvistamenti regolari nel Santuario Pelagos, dove le condizioni ambientali favoriscono la presenza delle sue prede principali. Questa specie è elusiva e trascorre gran parte del tempo in profondità, emergendo in superficie solo per brevi periodi. La sua natura discreta lo rende difficile da osservare e studiare, contribuendo al mistero che lo circonda.
  • Alimentazione: lo zifio si nutre principalmente di calamari e, in misura minore, di pesci che trova a grandi profondità. È un predatore opportunista, adattando la sua dieta alla disponibilità di prede nell’ambiente circostante. Grazie alle sue straordinarie capacità di immersione, è in grado di raggiungere profondità di oltre 3.000 metri e di rimanere in apnea per oltre due ore, un record tra i mammiferi marini. Durante le immersioni, utilizza il biosonar per localizzare le prede, emettendo click a bassa frequenza che rimbalzano sugli oggetti circostanti.
  • Riproduzione: le conoscenze sulla riproduzione dello zifio sono limitate, a causa della difficoltà di studiare questa specie in natura. Si stima che le femmine raggiungano la maturità sessuale intorno ai 5,5 metri di lunghezza. Non ci sono informazioni certe sulla stagionalità dell'accoppiamento, ma si ipotizza che possa variare in base alle condizioni ambientali. Dopo una gestazione che si presume duri circa 12 mesi, le femmine danno alla luce un singolo cucciolo, lungo circa 2-3 metri. Il piccolo rimane con la madre per un lungo periodo, durante il quale apprende le tecniche di sopravvivenza e alimentazione.  


Minacce: 

  • Inquinamento acustico: Questa specie è particolarmente sensibile ai suoni ad alta intensità, come quelli prodotti da esplosioni sottomarine e sonar militari. Questi rumori possono causare disorientamento e spiaggiamenti di massa.
  • Plastica e rifiuti marini: Lo zifio ingerisce accidentalmente plastica durante la caccia alle prede, con effetti potenzialmente letali.  
  • Collisioni con navi: Anche se meno frequenti rispetto ad altre specie, gli zifi possono essere vittime di collisioni nei pressi delle rotte marittime.
Stato di conservazione IUCN: Lo zifio è classificato come "Vulnerabile" (VU) nella Lista Rossa dell'IUCN per la popolazione del Mar Mediterraneo. A livello globale, la specie è considerata di "Minor Preoccupazione" (LC). Questa discrepanza riflette le specifiche minacce e pressioni che la popolazione mediterranea affronta, rendendo necessarie misure di conservazione mirate nella regione.


Curiosità: 
  • Lo zifio detiene il record tra i mammiferi marini per le immersioni più profonde e più lunghe mai registrate. Nel 2010 è stata documentata un’immersione che ha raggiunto i 2.992 metri di profondità. Nel 2017 è stata registrata un’immersione della durata di 3 ore e 42 minuti, stabilendo il record per la più lunga mai documentata per un mammifero. Queste capacità eccezionali rendono lo zifio un vero campione degli abissi marini, adattato a vivere in ambienti estremi dove caccia cefalopodi e altre prede delle profondità. La sua resistenza e abilità dimostrano l’incredibile adattamento evolutivo di questa specie agli ecosistemi profondi.
  • La sua pelle può essere segnata da cicatrici dovute a lotte tra maschi per l’accoppiamento o a parassiti marini, come le lamprede.
  • Gli avvistamenti in superficie sono rari, poiché trascorre fino al 90% della sua vita nelle profondità oceaniche.  
 

Lo zifio è un esempio straordinario di adattamento agli ambienti marini estremi e un simbolo di quanto poco conosciamo ancora sulle profondità del nostro pianeta. Proteggerlo significa preservare la biodiversità e il fragile equilibrio degli ecosistemi pelagici.  

Globicefalo (Globicephala melas)
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Di NOAA Photo Library - anim1057, Pubblico dominio


Il globicefalo è un odontocete dalla corporatura massiccia e dalla testa globosa, che gli conferisce un aspetto unico. Raggiunge una lunghezza massima di 8,7 metri e un peso di circa 3 tonnellate. La pelle è prevalentemente nera, con una macchia bianca sul petto e sul ventre che ne accentua l'eleganza. Le pinne pettorali sono lunghe e a forma di mezzaluna, mentre la pinna dorsale è alta e falcata, situata a circa un terzo del corpo. I globicefali neonati, già robusti alla nascita, misurano circa 2 metri di lunghezza e pesano oltre 100 kg.

  • Habitat e distribuzione: il globicefalo è una specie pelagica che preferisce acque profonde, spesso sopra canyon sottomarini, dorsali oceaniche o scarpate continentali. Nel Mar Mediterraneo, è particolarmente presente nel Santuario Pelagos, nelle acque del Mar Ligure e a ovest della Sardegna. Questi cetacei vivono in gruppi sociali stabili, chiamati "pod", composti da individui imparentati per linea materna. Ogni gruppo è guidato da una femmina dominante, che svolge un ruolo cruciale nel mantenere l’unità e il coordinamento del gruppo.
  • Alimentazione: il globicefalo si nutre quasi esclusivamente di cefalopodi, principalmente calamari di profondità, ma occasionalmente consuma anche pesci gregari. Un adulto può ingerire tra i 50 e i 100 kg di prede al giorno. Durante la caccia, utilizza l’ecolocalizzazione per individuare le prede nei bui abissi marini. La dieta altamente specializzata rende il globicefalo vulnerabile ai cambiamenti nell’abbondanza delle sue prede, spesso legati all’impatto delle attività umane sugli ecosistemi marini.
  • Riproduzione: il globicefalo ha un ciclo riproduttivo relativamente lungo. Le femmine raggiungono la maturità sessuale tra i 6 e gli 8 anni, mentre i maschi intorno ai 10 anni. L'accoppiamento avviene generalmente in tarda primavera o estate, e la gestazione dura circa 15-16 mesi, un periodo particolarmente lungo rispetto ad altri odontoceti. Alla nascita, il cucciolo viene allattato per un periodo che può estendersi fino a 6-8 anni, un fenomeno raro tra i cetacei. Questo lungo periodo di allattamento garantisce una forte relazione madre-figlio, cruciale per l’apprendimento e la sopravvivenza del piccolo.  


Minacce: 

  • Catture accidentali: Spesso rimane intrappolato nelle reti da pesca, in particolare quelle pelagiche.
  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti da esplorazioni sottomarine e traffico marittimo interferiscono con le sue capacità di comunicazione e orientamento.
  • Riduzione delle prede: La pesca eccessiva di calamari e altri cefalopodi influisce negativamente sulla disponibilità di cibo.
Stato di conservazione IUCN: il globicefalo (Globicephala melas) è classificato come "Endangered" (EN) nel Mar Mediterraneo. La specie è difficile da osservare nel bacino orientale e anche lungo la penisola italiana, rendendo difficile una stima precisa delle dimensioni della popolazione. Sebbene sia classificato come "Data Deficient" nella Lista Rossa IUCN, è evidente che la specie richiede un monitoraggio attento per valutare meglio il suo stato di conservazione.


Curiosità: 
  • È noto per i suoi comportamenti cooperativi, come il supporto ai membri malati o feriti del gruppo.
  • Le femmine, dopo l'ultimo parto della vita, possono allattare i loro cuccioli per periodi più lunghi rispetto ai parti precedenti.
  • È una delle poche specie di cetacei in cui il legame con la famiglia materna rimane saldo per tutta la vita.
 

Il globicefalo è un emblema della complessità sociale e dell’adattabilità dei cetacei. Proteggere il suo habitat significa garantire la sopravvivenza di uno degli abitanti più affascinanti degli abissi marini.   

Grampo (Grampus griseus)
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Grampo - "Mike" Michael L. Baird, CC BY 2.0 via Wikimedia Commons


Il grampo è un odontocete di medie dimensioni, facilmente riconoscibile per la sua pelle grigia segnata da cicatrici bianche, che diventano più numerose con l'età. Gli individui più anziani possono apparire quasi completamente bianchi, rendendo questa specie unica tra i cetacei. Raggiunge una lunghezza di circa 3,5 metri e un peso di 400-600 kg. Il suo corpo è robusto, con una testa arrotondata priva di rostro evidente. La pinna dorsale, alta e falcata, si trova nella parte centrale del corpo, mentre le pinne pettorali sono lunghe e appuntite. Alla nascita, i piccoli misurano circa 1,5 metri e pesano circa 20 kg.

  • Habitat e distribuzione: il grampo è una specie pelagica che vive principalmente in acque profonde, preferibilmente in prossimità di canyon sottomarini e scarpate continentali, dove le sue prede principali sono abbondanti. Nel Mar Mediterraneo, è regolarmente avvistato nel Santuario Pelagos, così come tra le isole Eolie e Ustica. Questi delfini tendono a frequentare aree con acque limpide e ricche di risorse, ma possono anche essere avvistati occasionalmente in prossimità della costa, specialmente in regioni caratterizzate da profondità elevate vicino alla riva.
  • Alimentazione: Il grampo si nutre quasi esclusivamente di cefalopodi, come calamari e seppie, ma occasionalmente consuma pesci. È un cacciatore notturno, che utilizza l’ecolocalizzazione per individuare le prede nelle profondità marine. Durante la caccia, i grampi possono immergersi fino a 600 metri e rimanere in apnea per diversi minuti. La loro dieta altamente specializzata li rende vulnerabili ai cambiamenti nella disponibilità delle prede, spesso causati dalle attività umane.
  • Riproduzione: Il ciclo riproduttivo del grampo è poco conosciuto, ma si stima che le femmine raggiungano la maturità sessuale intorno ai 9-10 anni, mentre i maschi maturano leggermente più tardi. L'accoppiamento può avvenire durante tutto l'anno, anche se si registrano picchi stagionali in alcune popolazioni. La gestazione dura circa 12-14 mesi, e alla nascita il cucciolo è lungo circa 1,5 metri. Viene allattato per un periodo che può durare fino a due anni, durante il quale rimane strettamente legato alla madre. I legami familiari sono forti, e i piccoli apprendono comportamenti cruciali per la sopravvivenza, come la caccia e la socializzazione, osservando gli adulti del gruppo.  


Minacce: 

  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti da esplorazioni sottomarine e traffico marittimo interferiscono con la sua ecolocalizzazione.
  • Catture accidentali: Questa specie può rimanere intrappolata nelle reti da pesca, specialmente quelle pelagiche.
  • Inquinamento chimico e plastico: L'accumulo di sostanze tossiche nei tessuti può influire negativamente sulla salute degli individui e sulla riproduzione.
  • Declino delle prede: La pesca eccessiva di cefalopodi può ridurre la disponibilità di cibo.
Stato di conservazione IUCN: la subpopolazione mediterranea del grampo è classificata come "Endangered, in pericolo" (EN). Questa valutazione riflette le minacce significative e la necessità di maggiori studi per poterlo tutelare


Curiosità: 
  • Le cicatrici presenti sulla pelle dei grampi derivano principalmente da interazioni sociali, come morsi durante i giochi o scontri per l’accoppiamento, ma anche dai becchi dei calamari.
  • Spesso viene osservato in associazione con altre specie di cetacei, come i tursiopi e le stenelle.
  • Gli individui più anziani tendono a essere completamente bianchi, un tratto distintivo che riflette la loro lunga vita. .
 

Il grampo è una specie affascinante, simbolo della complessità sociale e della resilienza dei cetacei. Proteggerlo significa preservare gli ecosistemi marini e le connessioni profonde che legano questi animali al loro ambiente naturale.   

Tursiope (Tursiops truncatus)
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Esemplare di Tursiope, foto di Laura Pintore 


Il tursiope è uno dei cetacei più noti e studiati, grazie alla sua intelligenza, socialità e presenza frequente nelle acque costiere. Questo delfino di grandi dimensioni può raggiungere una lunghezza di 2,5-3,5 metri e un peso compreso tra i 300 e i 400 kg. Il maschio è generalmente più grande della femmina. La livrea del tursiope è caratterizzata da una colorazione grigia sfumata: il dorso è più scuro, mentre i fianchi sfumano verso un ventre bianco o rosato. La testa è arrotondata e presenta un rostro corto e ben definito. Le pinne pettorali, la dorsale e la coda sono ben sviluppate, conferendogli grande agilità in acqua.

  • Habitat e distribuzione: Il tursiope è una specie cosmopolita, presente in tutti gli oceani del mondo, eccetto le acque polari. Predilige habitat neritici, ovvero acque poco profonde vicine alla costa, ma può essere avvistato anche in mari aperti, soprattutto in aree con abbondanza di prede. Nel Mar Mediterraneo, il tursiope è distribuito lungo tutte le coste, con una maggiore densità nel bacino occidentale e nel Santuario Pelagos. Può frequentare lagune, estuari e persino porti, adattandosi a una vasta gamma di ambienti marini.
  • Alimentazione: Il tursiope è un predatore opportunista e si nutre di una grande varietà di prede, inclusi pesci ossei, cefalopodi (come calamari e seppie) e crostacei. La sua dieta varia in base alla disponibilità di cibo nel suo habitat. Per cacciare, utilizza l’ecolocalizzazione: emette clic ad alta frequenza che rimbalzano sulle prede, permettendogli di localizzarle con precisione anche in acque torbide. I tursiopi cacciano sia individualmente che in gruppo, spesso coordinandosi per circondare i banchi di pesce e facilitarne la cattura.
  • Riproduzione: Il tursiope ha un ciclo riproduttivo complesso. Le femmine raggiungono la maturità sessuale tra i 9 e gli 11 anni, mentre i maschi maturano più tardi, tra i 10 e i 13 anni. Gli accoppiamenti e le nascite possono avvenire durante tutto l’anno, con un picco nei mesi estivi. La gestazione dura circa 12 mesi, dopo i quali la femmina dà alla luce un singolo piccolo lungo circa un metro e pesante 10-15 kg. I cuccioli vengono allattati per 12-18 mesi, ma possono continuare a ricevere cure materne anche dopo lo svezzamento, fino a quando la madre non dà alla luce un nuovo piccolo.  


Minacce: 

  • Inquinamento chimico e plastico: L’accumulo di sostanze tossiche e l’ingestione di plastica compromettono la salute e la capacità riproduttiva della specie.
  • Collisioni con imbarcazioni: Le aree costiere frequentate dai tursiopi spesso coincidono con rotte marittime trafficate, aumentando il rischio di incidenti.
  • Catture accidentali: I tursiopi rimangono spesso intrappolati nelle reti da pesca, con esiti letali.
  • Degrado dell’habitat: La pesca eccessiva e lo sviluppo costiero riducono la disponibilità di prede e di ambienti sicuri.
Stato di conservazione IUCN: l tursiope nel Mar Mediterraneo è stato recentemente riclassificato come "di Minor Preoccupazione" nella Lista Rossa dell'IUCN, ma continua a essere esposto a numerose minacce che richiedono costanti sforzi di monitoraggio e conservazione per garantire la sopravvivenza della specie nella regione.


Curiosità: 
  • Possono vivere fino a 50 anni, anche se l’aspettativa di vita media è di circa 30-40 anni.
  • Sono in grado di utilizzare strumenti: in alcune regioni, i tursiopi proteggono il rostro con spugne marine mentre scavano sul fondale per cercare prede.
  • Il loro carattere socievole li ha resi protagonisti di molte interazioni con l’uomo, sia in cattività che in natura.
  • La comunicazione tra i membri del gruppo avviene tramite una combinazione di suoni (fischi e clic), posture corporee e movimenti della coda e delle pinne. Ogni individuo ha un fischio caratteristico, simile a un “nome”, che utilizza per identificarsi.
  • I tursiopi dimostrano comportamenti complessi, come il babysitting (le femmine si prendono cura dei piccoli altrui) e l’apprendimento sociale, che consente loro di trasmettere abilità e conoscenze tra generazioni.
 

Il tursiope è un simbolo di intelligenza e adattabilità nel mondo marino. Proteggere questa specie significa garantire la sopravvivenza di uno degli ambasciatori più carismatici dei nostri mari.  

Stenella striata (Stenella coeruleoalba)
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Esemplari di Stenella Striata, foto di Laura Pintore 


La stenella striata è un delfino di piccola taglia noto per la sua agilità e le spettacolari acrobazie. Gli adulti raggiungono una lunghezza di circa 2 metri e un peso compreso tra gli 80 e i 120 kg. I maschi sono leggermente più grandi delle femmine, ma non vi sono evidenti dimorfismi sessuali. La sua livrea è particolarmente distintiva: presenta tre zone di colore lungo il corpo. La parte dorsale è grigio-azzurra scura, i fianchi sono grigio chiaro con una caratteristica striscia bianca o grigio chiaro che si estende verso la pinna dorsale, mentre il ventre è bianco. Questo disegno a strisce le conferisce il nome di “striata”. Il rostro è ben definito e slanciato, completando l’aspetto aerodinamico di questo delfino.

  • Habitat e distribuzione: La stenella striata è una specie pelagica che vive principalmente in acque profonde, spesso oltre i 1.000 metri. Predilige zone caratterizzate da elevata produttività marina, come le scarpate continentali e le aree con correnti ascendenti ricche di nutrienti. Nel Mar Mediterraneo, la stenella striata è una delle specie di cetacei più abbondanti, con una distribuzione che copre l’intero bacino. È particolarmente comune nel Santuario Pelagos, dove le condizioni ambientali favoriscono la presenza delle sue prede principali.
  • Alimentazione: La stenella striata è un predatore opportunista con una dieta varia, composta principalmente da cefalopodi, pesci ossei di piccola taglia e crostacei macro planctonici (di dimensioni tra i 5 mm e 5 cm). La dieta può variare in base alla disponibilità di prede nelle diverse aree geografiche. Caccia prevalentemente di notte, quando le sue prede si spostano verso la superficie. Utilizza l’ecolocalizzazione per localizzare il cibo, emettendo clic ad alta frequenza che rimbalzano sugli oggetti circostanti. Questo le consente di individuare le prede anche in condizioni di scarsa visibilità.
  • Riproduzione: La stenella striata si riproduce con cicli stagionali. La gestazione dura circa 12-13 mesi, e le nascite avvengono prevalentemente in estate. Alla nascita, i cuccioli misurano poco meno di 1 metro e pesano circa 11-15 kg. I piccoli vengono allattati per circa 12-18 mesi, ma rimangono con la madre anche dopo lo svezzamento per apprendere abilità di caccia e socializzazione. Le femmine raggiungono la maturità sessuale tra i 5 e i 13 anni, mentre i maschi tra i 7 e i 15 anni. L’intervallo tra una nascita e l’altra varia da 2 a 3 anni.  


Minacce: 

  • Inquinamento marino: Accumulo di metalli pesanti e microplastiche nei tessuti, che possono compromettere la salute degli individui.
  • Catture accidentali: Spesso rimane intrappolata nelle reti da pesca, in particolare quelle pelagiche.
  • Inquinamento acustico: I rumori prodotti dalle imbarcazioni e dalle attività industriali interferiscono con le sue capacità di comunicazione ed ecolocalizzazione.
  • Cambiamenti climatici: L’alterazione degli ecosistemi marini potrebbe influire sulla disponibilità di prede.
Stato di conservazione IUCN:La stenella del Mediterraneo, considerata come una distinta unità di conservazione rispetto alla popolazione atlantica, è classificata come “Least Concern, di Minor Preoccupazione” (LC) nella IUCN Red List.


Curiosità: 
  • È una delle specie di cetacei più acrobatiche: i suoi salti, piroette e capriole in aria sono spettacoli affascinanti.
  • Può percorrere grandi distanze seguendo le imbarcazioni, sfruttando le onde di prua per risparmiare energia.
  • Vive in gruppi estremamente coesi, con forti legami sociali tra i membri.
  • È una delle specie più vocali del Mediterraneo, utilizzando una vasta gamma di suoni per comunicare e coordinarsi con il gruppo.
  • Un comportamento distintivo della stenella striata è il “bow-riding”: cavalca le onde di prua delle imbarcazioni, mostrando notevole agilità e curiosità.
 

La stenella striata rappresenta la vitalità e la bellezza dei mari aperti. La sua protezione è essenziale per mantenere l’equilibrio degli ecosistemi marini e preservare la biodiversità del Mediterraneo.  

Delfino comune (Delphinus delphis)
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Esemplari di Delfino Comune, foto di Laura Pintore 


Il delfino comune, nonostante il nome, è oggi una specie rara e in declino nel Mediterraneo. Questo delfino di medie dimensioni può raggiungere una lunghezza di 2-2,5 metri e un peso che varia tra i 100 e i 150 kg. È noto per la sua eleganza e la caratteristica livrea a clessidra: la parte anteriore del corpo presenta una colorazione gialla, che sfuma nel grigio nella parte posteriore, separata da una linea scura. Il ventre è bianco, mentre il dorso è di un grigio più scuro. Il rostro, lungo e affusolato, è ben definito e separato dalla fronte da un solco evidente. La pinna dorsale è alta e falcata, e le pinne pettorali sono corte e appuntite, caratteristiche che contribuiscono alla sua straordinaria agilità in acqua.

  • Habitat e distribuzione: Il delfino comune è una specie cosmopolita, diffusa in tutti gli oceani temperati e tropicali. Tuttavia, nel Mediterraneo, la sua presenza si è drasticamente ridotta negli ultimi decenni, tanto da essere considerato “in pericolo” dalla Lista Rossa IUCN per questa regione. Predilige acque pelagiche e aree con elevate concentrazioni di prede, come scarpate continentali e zone con correnti ricche di nutrienti. Nel Mediterraneo, un tempo abbondante, è ora limitato ad aree specifiche, come il Golfo di Corinto, il Mar Ionio e alcune zone del Santuario Pelagos.
  • Alimentazione: Il delfino comune è un predatore opportunista, con una dieta varia che include pesci ossei (come sardine e acciughe), cefalopodi e occasionalmente crostacei. Si nutre principalmente di pesce azzurro, prediligendo le specie che formano grandi banchi. La caccia avviene sia individualmente che in gruppo. Quando cacciano in gruppo, i delfini comuni adottano strategie collaborative, circondando i banchi di pesci per concentrarli in un’area ristretta e facilitarne la cattura. Utilizzano l’ecolocalizzazione per individuare le prede, emettendo suoni ad alta frequenza che rimbalzano sugli oggetti circostanti.
  • Riproduzione: Il delfino comune si riproduce con cicli stagionali, con picchi di accoppiamenti e nascite nei mesi primaverili ed estivi. La gestazione dura circa 10-12 mesi, e alla nascita i piccoli misurano circa 80-100 cm e pesano intorno ai 10 kg. I cuccioli vengono allattati per un periodo di 6-12 mesi, ma rimangono con la madre e il gruppo familiare anche dopo lo svezzamento per imparare le tecniche di caccia e socializzazione. Le femmine raggiungono la maturità sessuale intorno ai 5-7 anni, mentre i maschi maturano più tardi, a circa 8-10 anni.


Minacce: 

  • Catture accidentali: Rimane intrappolato nelle reti da pesca, in particolare nelle reti pelagiche e a strascico
  • Inquinamento marino: L’accumulo di metalli pesanti e altre sostanze tossiche nei tessuti compromette la salute e la fertilità degli individui.
  • Declino delle prede: La pesca eccessiva riduce la disponibilità di pesci azzurri, la sua principale fonte di cibo.
  • Inquinamento acustico: Le attività umane, come il traffico marittimo e le esplorazioni sottomarine, interferiscono con la sua capacità di comunicare e orientarsi.
Stato di conservazione IUCN:Nel Mediterraneo, il delfino comune è classificato come “in pericolo”, sottolineando l’urgenza di azioni di conservazione mirate per garantire la sopravvivenza della specie.


Curiosità: 
  • Il delfino comune è uno dei cetacei più veloci: può raggiungere i 60 km/h durante gli scatti.
  • È noto per i suoi spettacolari salti fuori dall’acqua, spesso alti fino a 3 metri, che lo rendono un’attrazione per gli appassionati di whale watching.
  • I gruppi di delfini comuni sono spesso accompagnati da altre specie di cetacei, come stenelle e tursiopi.
  • Era un simbolo importante nella cultura dell'antica Grecia, dove era associato al dio Apollo e alla protezione dei marinai.
 

Il delfino comune, con la sua grazia e socialità, è un simbolo della vitalità degli oceani. La sua protezione è essenziale per salvaguardare la biodiversità marina e preservare una delle specie più affascinanti del Mediterraneo.  

Pinnipedi in pericolo critico: la Foca Monaca
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Esemplare di Foca Monaca, Wanax01 CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons


Sebbene appartenga a un ordine diverso rispetto ai cetacei (come balene e delfini), la foca monaca, pinnipede, vive negli stessi ambienti marini e condivide molte caratteristiche ecologiche, come la dipendenza dall'ambiente acquatico per la sua alimentazione e riproduzione. Può raggiungere una lunghezza di 2,4 metri e un peso fino a 320 kg. È caratterizzata da una pelliccia di colore nero nei maschi e marrone o grigio scuro nelle femmine, con il ventre più chiaro che può essere bianco nei maschi adulti. Il muso è corto, largo e piatto, con narici pronunciate rivolte verso l'alto. Le pinne anteriori sono relativamente corte, mentre quelle posteriori sono sottili e allungate.

  • Habitat e distribuzione: La foca monaca un tempo era ampiamente diffusa in tutto il Mediterraneo, il Mar Nero e le coste atlantiche del Nord Africa. Oggi, la sua popolazione è drasticamente ridotta e frammentata. Si stima che ne sopravvivano meno di 700 esemplari, concentrati principalmente in tre aree: il Mar Egeo orientale (Grecia, Turchia, Cipro), la costa atlantica nordafricana (Mauritania/Sahara Occidentale) e l'arcipelago di Madeira. Predilige coste rocciose con grotte marine, che utilizza per il riposo, il parto e l'allattamento. A causa della pressione umana, ha abbandonato le spiagge aperte a favore di grotte con accessi subacquei, spesso inaccessibili all'uomo. La foca monaca (Monachus monachus) è stata occasionalmente avvistata in alcune aree del Santuario Pelagos negli ultimi anni.
  • Alimentazione: Si nutre principalmente di pesci ossei, cefalopodi (soprattutto polpi) e crostacei. Tra le sue prede preferite ci sono murene, corvine, cernie, dentici, sardine e piccoli tonni. Caccia sia in acque costiere poco profonde che in alto mare, effettuando immersioni che possono raggiungere i 90 metri di profondità e durare fino a mezz'ora.
  • Riproduzione: La maturità sessuale viene raggiunta tra i 3 e i 6 anni. La stagione riproduttiva ha un picco nei mesi autunnali, con la maggior parte delle nascite tra settembre e novembre. La gestazione dura circa 12 mesi. Le femmine partoriscono un solo cucciolo all'anno, che alla nascita misura 88-103 cm e pesa 16-18 kg. L'allattamento dura circa 12 settimane, ma la madre inizia a lasciare il cucciolo da solo già dopo le prime settimane, tornando periodicamente ad allattarlo.


Minacce: 

  • Distruzione dell'habitat costiero dovuta all'urbanizzazione e al turismo.
  • Interazioni con le attività di pesca, incluse catture accidentali e uccisioni deliberate da parte dei pescatori.
  • Inquinamento marino.
  • Disturbo antropico nei siti di produzione
  • Cambiamento climatico, che altera gli ecosistemi marini
Stato di conservazione IUCN:La foca monaca del Mediterraneo è classificata come "in pericolo critico" dalla Lista Rossa IUCN, sottolineando l'urgente necessità di azioni di conservazione per prevenirne l'estinzione.


Curiosità: 
  • Il nome "foca monaca" deriva dal colore della pelliccia dei maschi adulti, che ricorda l'abito dei monaci.
  • È considerata una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione dalla Società Zoologica di Londra.
  • Può dormire sott'acqua, risalendo periodicamente in superficie per respirare.
  • Nell'antichità, era sacra al dio Apollo e amata da Poseidone nella mitologia greca.
 

La foca monaca, con la sua storia millenaria nel Mediterraneo e la sua critica situazione attuale, rappresenta un simbolo della necessità di proteggere gli ecosistemi marini. La sua conservazione è fondamentale non solo per la specie stessa, ma per preservare la biodiversità e l'equilibrio ecologico del Mar Mediterraneo.  

Ecco la mappa dei Cetacei del Santuario Pelagos:

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COSA E’ IMPELAGHIAMOCI?*

Il progetto "Impelaghiamoci" è promosso dal Comune di Sassari con il supporto finanziario del Bando Pelagos del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, che sostiene iniziative volte alla conoscenza e alla tutela dei cetacei residenti nel Santuario Pelagos da parte dei Comuni aderenti alla Carta di Partenariato dell’Accordo Pelagos. La Fondazione MEDSEA è partner scientifico del progetto, apportando competenze tecniche e scientifiche per la protezione degli habitat marini.

L’Accordo Pelagos, è un accordo internazionale, che mira alla salvaguardia dei cetacei nel Santuario Pelagos, quest'ultima è un'area marina protetta transfrontaliera unica nel Mediterraneo dedicata alla salvaguardia dei mammiferi marini nel Mediterraneo nord-occidentale.
Il Comune di Sassari, aderente alla Carta di Partenariato dal 2016, si impegna a realizzare azioni concrete per la tutela di questi ecosistemi marini straordinari e delle specie che li abitano.

Il Santuario Pelagos è un'area marina protetta internazionale dedicata alla salvaguardia dei mammiferi marini nel Mediterraneo nord-occidentale. Istituito nel 1999 attraverso un accordo tra Italia, Francia e Principato di Monaco,il Santuario Pelagos copre una vasta area di circa 87.500 km² che si estende tra la costa francese, la Corsica, la Sardegna settentrionale e la costa italiana.

Per saperne di piu’: https://pelagos-sanctuary.org/it/

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MEDSEA Mediterranean Sea and Coast Foundation

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(+39) 070 0950439 | info@medseafoundation.org | medsea@pec.medseafoundation.org

Foto ©: Andrea Alvito, Maurizio Naletto

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